Lo Yacht Club di Monaco è sede di un dibattito sui carburati alternativi, tema di profonda attualità, che ci porta a capire quale sia il futuro del settore marittimo.
Puntare sulla sostenibilità e fare scelte tangibili che dimostrino l’attenzione nei confronti dell’ambiente è ormai diventato imprescindibile in ogni ambito. Non si può quindi prescindere da questo sia nella nostra quotidianità, sia nelle decisioni che vengono prese dalle aziende di tutti i settore, in modo particolare in ambito motoristico. Si deve quindi pensare a cosa ci aspetta e fare scelte oculate, per questo si è scelto di organizzare in uno scenario suggestivo come quello dello Yacht Club di Monaco un dibattito dedicato ai carburanti alternativi nel settore marittimo.

La scelta della location non può essere considerata casuale, visto che qui ogni anno si ritrovano le imbarcazioni di alcuni dei personaggi famosi che trascorrono qui parte delle loro vacanze, ma che molti di noi sono costretti ad ammirare solo da lontano. All’evento hanno partecipato alcuni tra gli addetti ai lavori del settore, che hanno portato il loro punto di vista sul tema e le loro prospettive future.
Quali saranno i carburanti alternativi nel settore marittimo?
Il settore marittimo guarda con particolare interesse a quali possono essere i carburanti alternativi da utilizzare in futuro, con la consapevolezza di come non si possa più prescindere dalla necessità di ridurre l’impatto nei confronti dell’ambiente. Ascoltare le opinioni a riguardo degli addetti ai lavori è stato quindi particolarmente rilevante in un’occasione cruciale come quella della conferenza che si è svolta allo Yacht Club di Monaco, da cui sono usciti importanti spunti di discussione.
Secondo quanto riporta La Presse, l’idrogeno è destinato a essere ancora la fonte privilegiata quando si punta all’energia pulita. Proprio per questo non si può non prescindere da un’attenzione privilegiata nei confronti delle infrastrutture che lo utilizzano. Davvero importante è stato l’intervento di Philippe Lavagna, Product Account Manager di SBM Offshore, che ha voluto far conoscere ai presenti la situazione attuale. Allo stesso tempo è stato possibile dare uno sguardo al medio periodo: “Stiamo esaminando l’intera catena del valore, un po’ come se fosse una conduttura. Forniamo solo un tassello del puzzle, ma è importante. L’ecosistema è costituito da una nave che trasporterà, ad esempio, ammoniaca verde dall’Australia alla Corea al Giappone in grandi quantità. In pratica, aiutiamo gli armatori grazie alla nostra esperienza nella proprietà e nel leasing di grandi unità galleggianti. Non si può però pensare di fare tutto in tempi rapidi, c’è comunque il nostro impegno per fornire soluzioni pulite a tutto il settore”.

In un processo come questo allo stato attuale non si può che procedere andando per esclusione. Queto è quanto riferito da Bernhard Urban, Responsabile Sviluppo e Innovazione di Lurssen, che ha escluso innanzitutto l’Hvo, combustibile a base di olio vegetale idrogenato, non disponibile su ampia scala. Dalla lista si devono inoltre eliminare anche l’ammoniaca per gli yacht e le navi passeggeri, oltre all’idrogeno, per cui serve elevata densità. A quel punto resta solo il metanolo, che possiamo considerare tra i carburanti alternativi il combustibile del futuro. Questo è apprezzabile perché “può essere utilizzato sia per le celle a combustibile che per la combustione”, ha riferito.

L’esempio tangibile dell’efficacia del metanolo è recente ed è evidente nel superyacht di 50 metri che è stato varato un anno fa. Questo utilizza un reformer di celle a combustibile a metanolo ecologico per produrre energia a zero emissioni per il carico alberghiero a bordo. Tra i vantaggi c’è la facilità nel reperirlo, oltre ai costi. Se si vogliono eliminare anche le emissioni di CO2 servirebbe però il metanolo verde, attualmente non disponibile in Italia, ma acquistabile in Germania. Inevitabilmente, questo fa lievitare i costi, come ha ricordato Simone Bruckner, direttore R&S di Sanlorenzo. “Dobbiamo spostare un camion da lì per effettuare il rifornimento della cella a combustibile. Questo dimostra che il problema è l’infrastruttura, la disponibilità e la gestione del metanolo, non la tecnologia e il suo utilizzo”.